venerdì 4 novembre 2011

Dissenso e repressione nell'epoca augustea

Dissenso e repressione

Le fonti antiche ci hanno tramandato un ritratto sereno dell’età augustea, rafforzato dalla testimonianza dell’imperatore stesso, che nelle Res gestae, l’elenco scritto delle sue opere, dà di sé un’immagine certo non attenuata da alcuna modestia. Eppure non fu tutto così aureo. Ovidio, un grande letterato, si trovò improvvisamente esiliato su una brulla isoletta, lontano da ogni vita civile, senza che a nulla servissero le sue disperate implorazioni. Allo stesso modo la figlia di Augusto, Giulia, data in sposa al validissimo braccio destro Agrippa, fu costretta per ordine del padre a vivere prigioniera a Capri. Di questi due personaggi abbiamo notizia a causa del loro ruolo di primo piano, ma è legittimo chiedersi la misura del dissenso al nuovo corso augusteo e la forza della repressione. Ricaviamo notizia indiretta del clima repressivo dalla rigida legislazione concernente costumi familiari e privati. Se Ovidio pagò probabilmente a feroce ironia e alcuni soggetti letterari scabrosi, Giulia fu esiliata per i suoi costumi sessuali assai disinibiti. L’azione sistematica di Augusto nei confronti di ambiti di vita del tutto personali è tipica dei regimi autoritari, che utilizzano una morale sessuale molto rigida quale strumento di controllo sociale. D’altra parte una delle condizioni indispensabili per la sopravvivenza del nuovo sistema di potere augusteo era proprio quella di attenuare ogni forma di competizione e di tensione sociale, sia derivante dall’ostentazione di potere e ricchezza, sia da una vita sentimentale e sessuale libera e tumultuosa. Per questo vennero promulgate leggi che limitavano, ad esempio, i! lusso degli abiti o dei gioielli femminili, o che inasprivano le pene per l’adulterio.

La fondazione dell’impero a Roma

La fondazione dell’impero
Ottaviano diviene Augusto
Lo scontro tra Ottaviano e Antonio si era profilato come contrapposizione tra diverse ideologie e modelli di governo. Mentre Ottaviano si costruisce l’immagine di uomo legato ai costumi e alla tradizione di Roma, Antonio definisce e realizza nelle sue province il progetto di una monarchia assoluta di chiaro stampo orientale, suscitando il rifiuto da parte degli ottimati. Dopo la sconfitta di Antonio, Ottaviano non ha più alcun rivale e può celebrare un trionfo di straordinario splendore: è il solo padrone di Roma.
Lo stato, dopo più di un secolo di dissidi interni e di aspre guerre civili va chiaramente rifondato. Tale consapevolezza è comune a gran parte della classe dirigente. Il problema di Ottaviano è quello di instaurare un potere monarchico, che mantenga però intatta la forma repubblicana. In altre parole deve creare come Cesare un regime personale, ma diversamente dal padre adottivo non caratterizzarlo formalmente come tale. Per questo non assume cariche speciali, ma si assicura il controllo del potere in semplice qualità di tribuno della plebe e di proconsole. Egli è, però, princeps senatus, ossia il primo tra tutti i senatori, il che gli conferisce ufficialmente una qualifica di superiorità. Il segno della sua condizione speciale gli viene dall’epiteto di Augusto, cioè “meritevole di venerazione”, che diviene parte del suo nome, e nel futuro dell’impero l’indicazione della carica suprema.
La nuova struttura dello stato
Augusto riforma in profondità l’intera organizzazione statale. Controlla tutti gli organi dello stato formalmente grazie alle cariche di cui è investito. Al senato, decisamente assoggettato al princeps, spettano comunque il potere legislativo e l’elezione delle magistrature tradizionali.
Augusto costituisce un nuovo gruppo di prefetti con importanti compiti di controllo, i quali sono nominati direttamente dall’imperatore costituendo pertanto un suo ulteriore strumento di comando. Essi formano Il primo nucleo di quella che diventerà progressivamente la grande burocrazia imperiale.
Di notevole importanza è la divisione delle province in senatorie e imperiali. Le prime sono governate dai proconsoli nominati dal Senato, mentre le seconde, in genere territori di confine, vengono governate da magistrati di ordine equestre nominati dall’imperatore, da cui dipendono. L’Egitto, assai prospero, diviene un possedimento privato dell’imperatore, come del resto molte miniere e cave.
Questa divisione comporta anche una divisione finanziaria. Alle casse dello stato (aerarium) alimentate dalle tasse e dai tributi delle province senatorie, si affianca come tesoro autonomo quello del principe, i cui proventi vengono principalmente dalle province imperiali.
Questa distinzione appare assai significativa per la comprensione della realtà politica del nuovo dal momento che si creano due concentrazioni di potere. La principale è rappresentata dall’imperatore, dotato di un proprio enorme patrimonio, a cui è subordinato il senato, l’altro fulcro del potere. Nel rapporto non sempre sereno tra imperatore e senato sta una delle chiavi di lettura di tutta la storia imperiale.

La pacificazione dell’impero

Il lungo periodo di guerra civile aveva favorito la ribellione di alcune popolazioni delle province e aveva assai danneggiato la vita economica. Una volta imposta la nuova forma di governo, Augusto deve pertanto affrontare tre problemi:
o   il rafforzamento dei confini dell’impero e la “pacificazione” di aree riottose al dominio di Roma

o   il rasserenamento della vita civile a favore anche di una ripresa economica

o    l’affermazione del principio della successione ereditaria del potere.

Il primo di questi problemi viene affrontato con una intensa serie di campagne militari, che attraverso l’uso della forza portano la pace, cioè il carattere indiscusso del dominio romano.
Mediante queste spedizioni Augusto non solo stabilisce in maniera definitiva il controllo di Roma su domini ancora insicuri, ma allarga l’estensione dell’impero annettendo i territori settentrionali della Spagna non ancora conquistati e un’area che dal Norico, attraverso la Pannonia, giunge fino alla Mesia. Augusto subisce una sola grande sconfitta durante le sue varie campagne militari. Nella foresta di Teutoburgo, nel 9 d.C., tre legioni vengono completamente distrutte, cadendo in un’imboscata tesa da tribù germaniche.
Inoltre con un’azione diplomatica Augusto riesce a ottenere la restituzione dai Parti delle insegue perse da Crasso, fatto che presenta come una grande vittoria militare.
La cessazione delle guerre già di per sé dà notevole impulso alla vita economica, favorita anche dall’ampliamento del sistema viario e della creazione di un efficiente servizio postale. La grande quantità di opere pubbliche fatte costruire da Augusto, seguendo l’esempio di Cesare, rappresenta poi un forte traino per l’economia.
La legislazione dell’imperatore tocca ripetutamente anche aspetti della vita privata, all’insegna del principio totalmente ideologico del ripristino degli austeri costumi dei progenitori. Bisogna ricordare, infatti, che l’austerità degli antichi latini è una costruzione ideologica del I secolo a.C. e non una realtà storica.
Vengono promulgate una serie dileggi atte a favorire il matrimonio e la procreazione e insieme, mediante severe punizioni, a scoraggiare l’adulterio.
Questa, come altre iniziative di politica sociale promosse da Augusto, è funzionale alla creazione di un clima di tranquillità e di scoraggiamento della competizione sociale, che viene sentita come un grande pericolo per la stabilità e la prosperità dello stato. In seguito,  attraverso un’accurata e consapevole propaganda,  Augusto pone le condizioni per un passaggio indolore del potere al suo erede designato. Così nel 14 d.C., anno della sua morte, sale al trono il figlio adottivo Tiberio (14-37 d.C.).





Riforme ed equilibri

Dal punto di vista politico e istituzionale Ottaviano si trovava di fronte a una situazione assai complessa. Erano necessarie riforme radicali che riorganizzassero il sistema di potere, ma che non alterassero in modo manifesto le antiche istituzioni. Egli inoltre da un lato doveva proseguire la politica favorevole ai ceti popolari e imprenditoriali intrapresa da Cesare, ma nello stesso tempo doveva trovare un accordo con il Senato e in particolare con il gruppo degli ottimati, il cui consenso era importante per arrivare alla stabilità politica. Si trattava pertanto di procedere in maniera molto prudente e progressiva. Augusto in modo assai abile utilizzò una politica, per così dire, dei piccoli passi, mostrando un’attitudine diplomatica difficilmente prevedibile in quel giovane e impetuoso comandante che, diciannovenne, si era impadronito di Roma con le armi. Se da un lato valorizzò il ruolo del Senato, assegnando  ai suoi membri compiti e sfere di potere anche territoriale molto precisi, nello stesso tempo con il suo ruolo di princeps senatus si assicurò un fermo controllo su di esso. La nomina a incarichi pubblici molto delicati di persone di sua fiducia  gli consentiva inoltre di controbilanciare con sicurezza il nuovo potere conferito al Senato. Intanto la sua politica favorevole ai ceti popolari, condotta non solo con distribuzioni di grano, ma soprattutto con un’intensa attività di colonizzazione, gli garantiva una larga base di consenso.
Fu in quest’ottica che vennero fondate, tra e altre, le colonie di Augusta Taurinorum (Torino) e Augusta Praetoria (Aosta). Ma la sua grande abilità politica si rivelò anche nell’accurato e consapevole uso della propaganda.