lunedì 22 aprile 2013

II secolo: descrizione dettagliata


 II secolo d.C. Apogeo dell'impero romano
Il beatissimum saeculum:
Il II secolo d.C è stato universalmente considerato dagli storici antichi e moderni beatissimum saeculum, l'età d'oro dell'impero. Persino Tacito (che vide soltanto l'inizio di questo periodo) parlò di un'epoca nuova, in cui si poterono conciliare due cose in apparenza inconciliabili: l'impero e la libertà (che in realtà è la libertà del senato). Gli imperatori di quest'epoca discendevano tutti da nobili famiglie situate nelle province romanizzate come le Gallie e la Spagna. Lo stesso vale per il senato formato in maggioranza dalla nobiltà provinciale che stava soppiantando la nobiltà italica messa a dura prova dopo l'impero di Nerone.  In questo modo senato ed imperatore, provenendo dallo stesso ambiente, avevano mentalità e interessi in comune e il loro rapporto, in questa nuova epoca, si consolidò.
Il principato adottivo
Per una combinazione di circostanze nessuno degli imperatori del secolo II d.C ebbe discendenti diretti; per provvedere alla successione al trono essi dovettero dunque adottare una persona estranea alla loro famiglia. La legittimità del potere di questi imperatori non proveniva dal diritto di nascita (non riconosciuto dal sistema giuridico romano) ma dalla decisione diretta del princeps; sembrò realizzarsi l'ideale stoico diffuso nell'aristocrazia romana che poneva al vertice dello stato un optimus princeps, i cui meriti fossero riconosciuti da tutti e la cui autorità fosse di conseguenza accettata da tutti.
Ciò evitò le congiure di palazzo e la possibilità che persone impreparate salissero al potere. I nuovi imperatori sarebbero stati scelti sulla base delle loro effettive capacità e sarebbero stati graditi anche dal senato, per via del nuovo accordo tra i due organi politici; inoltre sarebbero stati ben visti anche dall'esercito.
La vita cittadina
Il bilancio del II secolo d.C. fu complessivamente positivo. I confini raggiunsero la massima estensione; le aristocrazie provinciali erano ormai perfettamente integrate nello stato romano; la vita cittadina in ogni provincia dell'impero s'incrementò come mai in precedenza: furono fondate nuove città e quelle esistenti vennero abbellite con monumenti ed edifici di pubblica utilità. Ogni città aveva terme, teatri, bagni pubblici, acquedotti, biblioteche, stadi, scuole, mercati che rendevano l'esistenza più piacevole: nessun'altra epoca, sino a tempi recentissimi, conobbe un tale livello di vita. Un'efficiente rete stradale collegava le regioni dell'impero e trasportava flussi di viaggiatori, mercanti e turisti in ogni parte del mondo in condizioni di discreta sicurezza. Per la prima volta i cittadini dell'impero (o almeno buona parte di essi) si sentivano effettivamente partecipi di uno stato comune e non sudditi di un dominio straniero. Quegli anni furono segnati da coesione ideale e benessere materiale.
Elementi di debolezza – il declino dell'Italia
In quest'epoca erano già presenti i germi della crisi dell'impero. Per primo il declino dell'Italia. Decadde l'agricoltura, diminuì a popolazione e l'economia diede i primi segni di difficoltà. Era un sintomo preoccupante che si manifestò prima in Italia, ma si verificò più avanti anche nelle province.
Gli obblighi militari toglievano forza lavoro alle attività produttive e favorivano il calo demografico. L'esercito romano era ancora in buona parte formato da italici ed ogni anno migliaia di reclute venivano inviate ai confini per compensare le perdite e sostituire i veterani congedati.
I militari così operanti ai confini restavano via per molto tempo e spesso accadeva che anziché far ritorno in patria si stabilissero nei territori circostanti  le zone dove avevano prestato servizio.
Gli imperatori del'epoca tentarono di riparare questo meccanismo obbligando ad esempio i senatori ad acquistare terre in Italia, a sostenere l'agricoltura specializzata, e proibendo alla popolazione di emigrare. Tuttavia per il governo fu difficile far fronte a questi imponenti meccanismi storici.
L'artigianato e l'agricoltura
La bilancia commerciale di quest'epoca era in passivo, l'artigianato non sufficiente a regolarizzare il mercato, inoltre l'acquisto di beni di lusso come seta, spezie, e aromi provenienti dall'Oriente e da paesi come la Cina esauriva la moneta che non tornava più indietro, essendo ormai in circolo negli stessi paesi da cui provenivano tali merci. La base dell'economia antica era l'agricoltura, ma da sola non bastava a fronteggiare le spese delle città, vere e proprie divoratrici di ricchezze. Come accadeva quando si tirava la cinghia il latifondo incedeva e la piccola agricoltura entrava in crisi. Grandi possedimenti terrieri in mano ai latifondisti però non producevano come sarebbe accaduto se gli stessi territori fossero stati divisa tra aziende agricole familiari in cui l'interesse personale avrebbe stimolato l'agricoltura a incrementare la produzione e a investire il surplus (ossia i guadagni) per migliorare l'azienda. L'avanzata del latifondo, dunque, diminuiva la produzione globale ed il solo surplus ottenibile andava speso in costruzioni monumentali o in beni voluttuari anziché in investimenti.
Il sistema del colonato:
Molti proprietari terrieri, per ovviare al declino della produzione, trovavano più conveniente rinunciare alla gestione diretta delle grandi aziende agricole. L'epoca dell'economia schiavista venne meno (anche perché la pace ridusse la disponibilità di schiavi) e fu sostituita dal sistema del colonato. Dato il basso rendimento della manodopera servile le grandi tenute vennero divise in piccoli lotti affidati a contadini nullatenenti o schiavi in stato di semilibertà, detti <<coloni>> che versavano al proprietario metà di quanto raccoglievano.
Per permettere il funzionamento di questo nuovo sistema occorreva un attento controllo dello stato: bisognava impedire che gli esattori delle imposte depredassero i coloni e che i proprietari esigessero più del dovuto. Bisognava inoltre impedire che i briganti o gli invasori devastassero le terre e che i coloni in miseria fuggissero dalle campagne lasciandole incolte.
Gli imperatori del II secolo d. C pensarono a tutto ciò emanando leggi a favore degli agricoltori. Gli imperatori dell'età successiva, generalmente militari dichiaratisi tali, lasciarono le campagne al loro destino e cercarono di spremere da esse quante più tasse possibili. Nell'epoca successiva al florido secondo secolo d.C masse di contadini saranno costretti ad un lavoro pesante per sopperire alle esigenze delle città che avidamente ne succhiavano il prodotto. La differenza tra libero e schiavo verrà meno ed il colono sarà esposto alla rapacità dello stato e dei potenti scaraventandolo in una condizione sfavorevole in cui va vista la radice della servitù della gleba, che come vedremo, caratterizzò l'agricoltura medievale. Questa situazione cominciò a delinearsi nei primi secoli dell'impero e divenne assai diffusa a partire dai secoli III-IV d.C.
La cultura – luci e ombre – Plutarco:
In quest'epoca sembra aggirarsi la consapevolezza di una prossima dissoluzione, la nuova pace e lo splendore derivante è percorsa da sotterranee inquietudini. Nel II secolo d.C la classe colta greca o romana sentiva di essere partecipe di uno stesso mondo spirituale e degli stessi ideali di vita.  In questo tempo nacque la cultura classica, intesa come unità di letteratura, filosofia e civiltà greco - latina: ne troviamo adeguata espressione nell'opera di uno dei massimi scrittori di quest'epoca, il greco Plutarco (46-127 d.C.) di Cheronea.
Sulla sua opera principale “le vite parallele” Plutarco propone un affresco delle grandi figure del passato, sia greco che latino, con l'intento di dimostrare come, al di là delle differenze storiche, i grandi personaggi dell'umanità fossero partecipi della medesima educazione, che era fondamentalmente quella greca. Plutarco ritrova gli ideali di forza morale davanti alle prove della vita, di fiducia nell'uomo, di equilibrio fisico e mentale (che allora formarono l'essenza dell'umanesimo) in ogni grande figura del passato: Giulio Cesare, Alessandro Magno, Catone, Pericle, di cui egli racconta le vite, formano nella sua prospettiva i modelli con cui l'uomo di ogni epoca dovrà misurarsi. Plutarco dava così voce ad un ideale condiviso generalmente dalla classe dirigente: gli imperatori romani erano bilingui, amavano la Grecia e la sua cultura, erano imbevuti di cultura greca (uno di essi, Marco Aurelio, scrisse le sue opere direttamente in greco) e vedevano le loro radici comuni in Omero come in Virgilio.
Il gusto per l'antico:
In questo nuovo secolo la cultura anziché spingersi verso nuovi orizzonti rintracciando nuovi stili ad esempio artistici o architettonici, proponendo degli scritti che descrivessero la contemporaneità, si limitavano ad una rivisitazione sterile del passato. In quest'epoca la scuola e l'istruzione assumono livelli mai visti prima, è l'epoca della retorica e dell'arcaismo (il gusto per l'antico), in cui si vuol imitare piuttosto che ricreare. Gli scrittori di quest'epoca ritenevano che il meglio appartenesse al passato e che fosse più utile concentrarsi su di esso per trarre insegnamenti che lo stesso presente non permetteva.
I rilevanti scrittori dell'epoca provenivano da luoghi marginali segno di una profonda penetrazione della cultura in ogni angolo dell'Impero: Apuleio, il maggiore scrittore latino dell'epoca autore di un romanzo con sottofondi misterici e religiosi “Le Metamorfosi o L'Asino d'oro”, era africano, di Madura (odierna Tunisia); Luciano, scrittore e conferenziere greco famosissimo nella sua epoca, era di Samosata (Mesopotamia); Elio Aristide dell'Asia Minore.
Tutti costoro gravitavano insieme a folle di intellettuali e filologi in grandi città come Roma o Alessandria. Ma anche nelle province dove si inventavano i letterati più rappresentativi da ricoprire di onori e ricchezze.
Lo sviluppo delle scienze:
In questo campo vanno ricordati almeno due personaggi: il geografo e astronomo Claudio Tolomeo, che elaborò, sulla base di calcoli matematici allora giudicati irrefutabili, la teoria geocentrica, che avrebbe resistito sino al XVI secolo. Poi va ricordato Galeno di Pergamo che assieme ad Ippocrate fu il più grande medico dell'antichità. Questi scrisse su tutte le specialità della medicina e della farmacia; le sue opere furono considerate il compendio della scienza medica antica e durante il medioevo furono tradotte in arabo e in latino. Anche le dottrine di Galeno rimasero indiscusse aino all'epoca moderna, e su alcuni punti le sue intuizioni vengono considerate ancora valide.

Il breve regno di Nerva:
I congiurati che assassinarono Domiziano si accordarono col senato per eleggere imperatore un anziano autorevole senatore, Cocceio Nerva (96 d.C.). Nerva comprese la necessità di ottenere l'appoggio dell'esercito e pertanto adottò il più prestigioso generale dell'epoca, Ulpio Traiano, che comandava le truppe accampate sulle rive del Reno.
Dopo il breve regno di Nerva, il potere passò a Traiano in modo talmente pacifico che l'imperatore non interruppe nemmeno le sue campagne militari per venire a Roma e farsi incoronare.
Traiano Imperatore:
Ulpio Traiano, figlio di un generale, era nato in Spagna e fu il primo imperatore di origine non italica. Sotto il suo governo l'impero romano raggiunse la massima espansione;  riprese la guerra contro i daci del re Decebalo (101 d.C.) e sottomise tutta la regione oltre il Danubio che venne incorporata come provincia della Dacia. Per rendere stabile questa nuova conquista vennero inviati molti coloni:  subito venne romanizzata. Nel territorio erano inoltre presenti molte miniere d'oro di cui si appropriò il fisco imperiale.
Fu una conquista che diede allo stato risorse necessario a far proseguire le campagne militari come anche i lavori pubblici che mutarono il volto del centro di Roma con la costruzione di un grande Foro e degli immensi mercati traianei. Traiano fece inoltre innalzare una grande colonna trionfale intarsiata con devorazioni che illustrano le varie imprese.
L'espansione in Oriente e la politica economica:
Dopo la Dacia, Traiano si dedicò all'Oriente. Il momentaneo ed unico nemico di Roma era il regno dei parti. Dopo una meticolosa organizzazione egli condusse l'esercito in territorio nemico e riuscì ad insediarsi persino nella capitale Ctesifonte. Tutta la Mesopotamia venne acclusa come provincia dell'impero ed i confini si allargarono sino a giungere alle rive dell'oceano Indiano.
Al termine della campagna, Traiano impose il diadema in testa al nuovo re dei parti. Mentre l'imperatore si trovava in Mesopotamia una ribellione delle popolazioni ebraiche lo costrinse a rientrare e nel 117 d.C. egli morì.
Il suo progetto non ebbe carattere unicamente militare, organizzo meglio la burocrazia e promulgò le leggi a favore dei piccoli agricoltori, la cui base era minacciata dall'estendersi del latifondo. Abolì  le tasse arretrate per alleggerire il peso fiscale che gravava sulle province e fondò una specie di cassa di risparmio popolare che concedeva prestiti a contadini indebitati.
In più regolò il senato di modo che acquistasse terre in Italia investendo un terzo del loro capitale con una norma che però è difficile conoscere fin quanto venne rispettata.
Adriano e il consolidamento dei confini:
Elio Adriano venne adottato dallo stesso Traiano poco prima della sua morte, egli era suo nipote, nobile di origine spagnola di eccezionale cultura letteraria e artistica.
Egli abbandono immediatamente le province mesopotamiche e non intraprese altre campagne militari. Con il suo regno l'espansionismo venne dirottato con una politica più volta a consolidare i confini già esistenti. Egli scelse questa politica per far fronte all'economia dell'impero ritenendo più opportuno inoltre concentrare l'attenzione sulle frontiere. Scrive di lui una cronaca antica (la Historia Augusta): <<Subito dopo essere salito al trono si dedicò a conservare la pace>>.
Egli dedicò il suo regno a una capillare opera di riorganizzazione dell'apparato statale e della vita economica. Assai significativa è anche la sua legislazione sulla schiavitù che ne proteggeva le persone contro gli arbitri dei padroni. Egli dedicò il suo tempo in viaggi di ispezione in tutto il regno, voleva conoscere ed intervenire personalmente in ogni aspetto dell'amministrazione.
La cultura dell'urbanizzazione:
In questo periodo bisogna considerare l'impero greco-romano, ed Adriano essendone ben consapevole si mostrò benevolo con le popolazioni ellenizzate della parte orientale. Egli favori la rinascita della capitale morale della cultura greca, Atene, che durante il suo regno rifiorì urbanisticamente grazie all'operato di un amico personale dell'imperatore, il mecenate Erode Attico.
Ma anche a Roma egli diede impulso all'architettura monumentale: restano a testimonianza la sua villa a Tivoli e il suo immenso mausoleo nota oggi come Castel S.Angelo.
Egli rafforzò le difese di confine specialmente in Britannia dove fece costruire una linea fortificata, il vallo di Adriano, che proteggeva le terre sotto il protettorato di roma dalle incursioni dei popoli a nord. Fondò nuove città, come Adrianopoli (l'attuale città di Adriano) e provvide al restauro di molte altre.  Scrive lo storico del nostro secolo, Michael Rostovzeff, <<secondo gli antichi pensatori v'era una via e una via soltanto per migliorare la vita delle province e portarla a un livello più alto: era l'urbanizzazione continua di nuovi nuclei di civiltà e di progresso>>. In molte zone dell'impero non erano sorte città.
Fondare una città in zone in cui la gente viveva organizzata in tribù significava recuperare tali popolazioni al sistema di vita che formava la forza dell'impero e costituiva l'eredità più grande della civiltà classica: significava diffondere la cultura che i greci e i romani avevano elaborato nel corso dei secoli a popolazioni barbare ignare dell'esistenza della civiltà.
Ciò aveva comunque aveva le sue conseguenze, bisognava infatti adattare le campagne al sostentamento delle nuove città.
Adriano dovette fronteggiare una rivolta degli ebrei con metodi anche cruenti. Sulle rovine di Gerusalemme venne fondata una colonia latina (Elia Capitolina), popolata da veterani ai quali era affidato il controllo della ragione.
I meriti di Adriano si manifestarono in modo particolare in campo culturale: i suoi provvedimenti più importanti furono rivolti al miglioramente dell'educazione scolastica, alla quale accedeva una parte notevole della popoazione, e al reclutamento dei funzionari di stato, che furono scelti tra le persone di cultura più elevata anziché tra rapaci cortigiani.

Antonino Pio e i suoi successori adottivi.
Ad Adriano succedette Antonino Pio (138 d.C.), un nobile nativo delle Gallie; da allora gli imperatori di questa dinastia sono noti col nome di Antonini. Anche lui sostenne una politica di pace e durante il suo regno la politica estera ebbe un'importanza marginale poiché la pax Romana regnava incontrastata su tutto il territorio dell'impero. Al momento della successione Adriano aveva imposto ad Antonino Pio di adottare a sua volta come successori due fratelli: Marco Aurelio e Lucio Vero. Egli presero il potere alla morte di Antonino, ma di fatto a regnare fu il solo Marco Aurelio, una delle figure più notevoli dell'età imperiale (161-180 d.C.)
Anche Marco Aurelio era un uomo di grande cultura; seguace della filosofia stoica, lasciò un'opera (A se stesso) che è uno dei testi più importanti dell'epoca, composta in buona parte durante le campagne militari contro i germani, come aveva già fatto Giulio Cesare.
La differenza è che l'impronta aureliana in questi scritti caratterizza più l'aspetto meditativo dell'imperatore. Le sue riflessioni sul mondo e sugli uomini rivelano spesso un profondo pessimismo: <<romani e barbari che si scannano tra lroro mi sembrano simili a due cagnolini che si azzuffano attorno allo stesso osso>> o ancora <<È difficile per un uomo sopportare se stesso>>, <<compiere il proprio dovere di romano e di uomo con fermezza... ci riuscirai se compirai ogni azione della tua vita come se fosse l'ultima>>, <<Dentro di te c'è la fontana del bene che è sempre pronta a sgorgare, solo che tu continui a scavare>>.
<<Appena sveglio comincia col dire a te stesso: oggi incontrerò un trafficone, un ingrato, un prepotente, un imbroglione, un invidioso, un egoista. Tutti questi difetti provengono a loro dall'ignoranza di ciò che è bene e di ciò che e male>>.
L'inquietudine interiore di questo imperatore, il senso della vanità dell'azione politica espressi nella sua opera sono sintomi di una visione della vita delle classi superiori profondamente mutata.


Marco Aurelio imperatore:
Il tempo di Marco Aurelio segnò la fine dell'apogeo impaeriale e l'inizio del declino e della crisi dello stato. I Romani dovettero infatti affrontare una situazione di emergenza dovuta al contemporaneo assalto di germani e di parti alle frontiere.
I parti invasero la Siria e furono respinti con grande sforzo dal generale Avidio Crasso e dal coimperatore Lucio Vero. Questa vittoria ebbe conseguenze più catastrofiche di una sconfitta infatti vi fu un grave caso di peste bubbonica che dilagò in tutto l'impero. Questa durò molti anni e decimò la popolazione, milioni furono i morti con conseguenze catastrofiche sia per l'economia che per il reclutamento dei soldati. È sbagliato sottovalutare il caso della peste, molte campagne restarono incolte e non poterono più risollevarsi, la vita cittadina decadde, i commerci e l'artigianato entrarono in crisi. La necessità di militare costrinse ad adottare l'arruolamento forzato (Marco Aurelio per colmare questo vuoto di soldati dovette arruolare schiavi e gladiatori e vendere le sue stesse suppellettili). Furono anni molto difficili, si aggiunse inoltre la pressione dei popoli al confine del Reno, i quadi e i marcomanni lo attraversò sino a giungere ai confini dell'Italia, ad Aquileia (166 d.C.) dove furono fermati.
Egli (175 d.C.) debellò i nemici, penso di estendere i confini oltre il limes, ed infine creò le province di Quadia e Marcomannia. Inoltre stanziò gli stessi due popoli a guardia dei confini del limes, come alleati dei romani.
Questi accordi furono però effimeri, essi si ribellarono e Marco Aurelio dovette trasferirsi nuovamente ai confini per affrontarli, nel 180 d.C., mentre la guerra si stava sviluppando egli morì di peste a Vienna. Adesso la situazione era fosca, le risorse scarseggiavano, e le pressioni ai confini un pericolo costante che minacciava l'integrità dell'intero impero.

Commodo e il sistema dinastico:
A Marco Aurelio successe il figlio diciannovenne Commodo che lo aveva seguito nella spedizione contro i germani. In tal modo finì l'epoca del principato adottivo e si ritornò al sistema dinastico. Commodo era totalmente diverso dal padre, suo padre uomo di cultura, suo figlio accentuò invece tratti popolareschi e autocratici. Amava esibirsi come auriga nel circo, si fece ritrarre nelle vesti di Eracle con clava e pelle di leone. All'imperatore asceta e intellettuale successe dunque un imperatore plebeo e atleta.
Difficile spiegare gli atteggiamenti del nuovo imperatore, ma essi erano sicuramente puntati ad ottenere il consenso della plebe romana che in effetti si affezionò più al nuovo che al vecchio imperatore. Il senato comunque esautorò completamente Commodo, anche gli ambienti militari ne furono delusi quando decise di porre fine alle guerre contro i marcomanni e i quadi patteggiando il versamento di un'ingente indennità.
La nuova pace venne ritenuta ignominiosa dai militari, consapevoli di trovarsi alla vigilia di una completa vittoria. Commodo scampò alla prima tra le varie congiure architettate a suo danno; si circondò per questo di pretoriani a lui fedeli ed iniziò una serie di feroci processi contro l'aristocrazia senatoria come fu per Nerone e Domiziano. Nel 192 d. C un complotto di palazzo lo eliminò dalla scena.

L'impero romano nel II SECOLO: sintesi



 L'impero romano nel II SECOLO: sintesi: VERSO UN MONDO COMUNE Roma imperiale è la capitale di un mondo molto complesso, costituito da un mosaico di popoli che parlavano lingue diverse e abitavano un territorio di estensione smisurata, che andava dalle sabbie dell’Egitto alle foreste della Germania, dalle coste dell’Oceano Atlantico ai fiumi della Mesopotamia. Durante i primi secoli dell’era imperiale, lo stato romano riesce a tenere unito un ampio mondo comune. La cittadinanza viene accordata con liberalità, al fine di “romanizzare” le classi dirigenti dei popoli soggetti. Si affermerà una cultura omogenea in tutto l’impero: quella greco-romana. Questo processo di livellamento e di unificazione non fu sempre spontaneo: le etnie che rifiutavano di romanizzasi furono sterminate; in alcune zone marginali dell’impero le popolazioni locali mantenevano i propri costumi e tentavano di condurre valorose e sfortunate guerriglie contro l’autorità imperiale 
II secolo d.C._ Apogeo dell'impero romano Il beatissimum saeculum:
Il II secolo d. C è stato universalmente considerato dagli storici antichi e moderni beatissimum saeculum, l'età d'oro dell'impero. Persino lo storico Tacito parlò di un'epoca nuova, in cui si poterono conciliare due cose in apparenza inconciliabili: l'impero e la libertà (che in realtà è la libertà del senato). Gli imperatori di quest'epoca discendevano tutti da nobili famiglie situate nelle province romanizzate come le Gallie e la Spagna. Lo stesso valeva per il senato formato in maggioranza dalla nobiltà provinciale che stava sostituendo la nobiltà italica messa a dura prova dopo l'impero di Nerone.  In questo modo senato ed imperatore, provenendo dallo stesso ambiente, avevano mentalità e interessi in comune e il loro rapporto, in questa nuova epoca, si consolidò.
Il principato adottivo
Per una combinazione di circostanze nessuno degli imperatori del secolo II d.C ebbe discendenti diretti; per provvedere alla successione al trono essi dovettero dunque adottare una persona estranea alla loro famiglia. La legittimità del potere di questi imperatori non proveniva dal diritto di nascita (non riconosciuto dal sistema giuridico romano) ma dalla decisione diretta del princeps; sembrò realizzarsi l'ideale stoico diffuso nell'aristocrazia romana che poneva al vertice dello stato un optimus princeps, i cui meriti fossero riconosciuti da tutti e la cui autorità fosse di conseguenza accettata da tutti. Ciò evitò le congiure di palazzo e la possibilità che persone impreparate salissero al potere. I nuovi imperatori sarebbero stati scelti sulla base delle loro effettive capacità e sarebbero stati graditi anche dal senato, per via del nuovo accordo tra i due organi politici; inoltre sarebbero stati ben visti anche dall'esercito.
La vita cittadina
 Il bilancio del II secolo d.C. fu complessivamente positivo. I confini raggiunsero la massima estensione; le aristocrazie provinciali erano ormai perfettamente integrate nello stato romano; la vita cittadina in ogni provincia dell'impero s'incrementò come mai in precedenza: furono fondate nuove città e quelle esistenti vennero abbellite con monumenti ed edifici di pubblica utilità.
Elementi di debolezza – l’agricoltura dà i primi segni di debolezza. Gli obblighi militari toglievano forza lavoro alle attività produttive e favorivano il calo demografico. Grandi possedimenti terrieri in mano ai latifondisti però non producevano come sarebbe accaduto se gli stessi territori fossero stati divisi tra aziende agricole familiari in cui l'interesse personale avrebbe stimolato l'agricoltura a incrementare la produzione e a investire i guadagni per migliorare l'azienda: l'avanzata del latifondo diminuiva la produzione globale. Il sistema del colonato: molti proprietari terrieri, per ovviare al declino della produzione, trovavano più conveniente rinunciare alla gestione diretta delle grandi aziende agricole. L'epoca dell'economia schiavista venne meno (anche perché la pace ridusse la disponibilità di schiavi) e fu sostituita dal sistema del colonato. Dato il basso rendimento della manodopera servile le grandi tenute vennero divise in piccoli lotti affidati a contadini nullatenenti o schiavi in stato di semilibertà, detti “coloni” che versavano al proprietario metà di quanto raccoglievano.

Impero romano: il II secolo: schema sintetico


  • è stato definito "beatissimum saeculum" 
  • gli imperatori provengono dalle province; anche la maggioranza dei senatori proviene dalle province: di conseguenza hanno interessi comuni
  • viene praticato il principato adottivo
  • i confini raggiunsero la massima estensione
  • le aristocrazie provinciali si integrarono perfettamente nello stato romano
  • sorsero nuove città e vennero abbellite quelle esistenti: la vita cittadina era molto vivace
  • le strade erano efficienti e quindi facilitavano i commerci

Palazzi italiani del potere


sedi dei rappresentanti e delle cariche politiche delle Stato nella città di Roma.
palazzo Chigi
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Quirinale
 Presidente della Repubblica
Viminale
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CAMPIDOGLIO
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Palazzo Madama
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MONTECITORIO
 CAMERA DEI DEPUTATI
Farnesina
 Ministero degli Affari Esteri
Palazzo Piacentini
Ministero della Giustizia.
Palazzo dei Marescialli
Consiglio Superiore della Magistratura
Palazzo della Consulta
Corte Costituzionale
Palazzo Spada
Consiglio di Stato