mercoledì 24 giugno 2015

L’ASCESA DELLA MACEDONIA E L’ELLENISMO - IV secolo a. C.




L’ASCESA DELLA MACEDONIA E L’ELLENISMO
In Macedonia, una regione sentita dal resto della Grecia come diversa, se non addirittura straniera, si afferma un governo assoluto di tipo monarchico, in cui il re detiene il comando supremo dell’esercito e amministra la giustizia. Segno di ricchezza è il possesso di vasti territori coltivabili.

Quando Filippo II sale al potere si dedica immediatamente alla costituzione di un potente esercito che diventa il fulcro della società macedone, al punto che lo status più o meno elevato di cittadino si acquisisce in base al servizio militare prestato per il re.

La politica di Filippo si delinea lungo tre obiettivi: la pacificazione dei confini balcanici; l’espansione nel nord dell’Egeo a spese delle postazioni di Atene e dei suoi alleati; l’intromissione negli affari della Grecia centrale per il controllo delle vie di comunicazione grazie a un’alleanza con la Tessaglia.

La cosiddetta terza guerra sacra offre a Filippo il pretesto per intervenire direttamente nella Grecia centrale. La quarta guerra sacra vede Atene e Tebe opporsi a Filippo: sconfitte a Cheronea le due città alleate, Filippo pone fine al tradizionale sistema delle poleis e inizia a estendere l’egemonia macedone su tutto il mondo greco.
Filippo, forte del successo militare, ottenuto anche grazie alla superiore tattica di combattimento, propone una pacificazione e un alleanza militare con le singole poleis in previsione di una spedizione contro i Persiani, ma viene assassinato.

Sale al trono macedone Alessandro, che crea un governo egemonico su tutta la Grecia nel quale la fedeltà alla monarchia macedone è garantita per giuramento.
Alessandro inizia la spedizione in Asia voluta dal padre con un esercito composto da soldati macedoni e contingenti di alcune poleis greche. Conquista l’Egitto e si spinge nell’impero persiano fino a Babilonia, Susa e Persepoli e fino all’Indo. Il progetto di arrivare al Gange fallisce per il rifiuto di proseguire dei mercenari greci.
Tornato a Babilonia, Alessandro organizza l’impero e la corte secondo le consuetudini persiane, che contemplano anche
la divinizzazione del sovrano. Perde in questo modo il favore dei suoi connazionali, che non comprendono il suo progetto di creare una vasta unità politica nella quale le tradizioni greche e orientali possano armonizzarsi.
Alessandro muore improvvisamente durante una spedizione in Arabia, e subito inizia la lotta all’interno della sua famiglia e tra i generali del suo stato maggiore per la spartizione del potere. L’esercito, come al tempo della sua ascesa al trono, gioca un ruolo essenziale negli eventi che seguono la sua morte.

Dalle lotte tra i diadochi emerge una nuova realtà politica, caratterizzata dalla rinuncia al progetto di un impero universale. I regni ellenistici si spartiscono i territori che un tempo avevano costituito l’impero di Alessandro e in essi si affermano le dinastie destinate a durare fino alla conquista romana. In questo panorama, la Grecia sopravvive con un ruolo marginale anche sul piano culturale.

Le grandi città ellenistiche, le capitali dei nuovi regni, si articolano intorno alla corte e si strutturano per essere la scenografia appropriata all’apparizione del sovrano e al suo contatto con i sudditi. Di qui la profusione di ricchezze, di strutture architettoniche monumentali, di cerimoniali sempre più complessi.
Accanto alle corti dei regni ellenistici si muove un mondo vario e composito, nel quale, mentre iniziano a differenziarsi i ruoli degli artisti e degli artigiani, continua a sopravvivere il lavoro schiavile, che ben si adatta alla produzione in serie ed è facilitato dalla grande disponibilità di manodopera ricavabile dai prigionieri di guerra. In questo quadro inizia la svalutazione del lavoro manuale, sconosciuta all’età classica.

LA GRECIA CLASSICA



LA GRECIA CLASSICA
Nel corso dell’età arcaica, nella maggior parte delle poleis greche si assiste all’affermazione di regimi aristocratici, il cui male cronico è costituito dal conflitto interno per il controllo della città, aggravato dalle rivendicazioni del popolo (demos). L’aristocrazia tende a limitare la partecipazione popolare al governo della città e si accaparra il principale mezzo di sussistenza: la terra.

Il demos cerca di arginare lo strapotere aristocratico appoggiando i tiranni, nella speranza di un miglioramento delle proprie condizioni di vita e rivendicando l’abolizione dei debiti o la ridistribuzione delle terre.

Per far fronte alle penose condizioni del demos gli uomini politici ateniesi Solone e Clistene si fanno promotori di riforme istituzionali e sociali che prevedono una riorganizzazione dello stato volta a consentire una maggiore partecipazione popolare. Essi pongono le basi della futura democrazia ateniese.

Le riforme di Clistene minano alla radice lo strapotere delle casate aristocratiche e sanciscono l’appartenenza di ogni cittadino non a un gruppo familiare ma alla polis e alle sue istituzioni.

Un modello alternativo a quello ateniese è costituito da Sparta, dove una ristretta cerchia militare, l’unica a godere dei pieni diritti dei cittadini, domina una maggioranza tenuta in condizioni di servitù. Questo sistema politico rende necessario il mantenimento di un esercito forte e motivato.
Il governo di Sparta viene gestito in modo ristretto e paritario e la vita dell’élite dominante si conforma a un continuo esercizio di disciplina e preparazione militare.
Tramite l’espansione militare in Laconia e Messenia e grazie a una serie di alleanze con le città del Peloponneso, in pochi anni Sparta si trova a capo della potente Lega peloponnesiaca.
L’espansionismo persiano contro le colonie greche dell’Asia Minore, la contrapposizione tra le due maggiori potenze, Atene e Sparta, che si contendono l’egemonia sulle altre città greche, e l’ingerenza persiana negli interessi commerciali ateniesi provocano lo scoppio delle guerre persiane.
Respinto l’esercito persiano una prima volta, Atene costruisce una potente flotta che sconfigge definitivamente il Gran Re e afferma il predominio ateniese sulla Grecia.

Il decisivo contributo ateniese nelle guerre persiane è gravido di conseguenze: all’interno della città inizia l’ascesa del movimento democratico, sotto la spinta delle rivendicazioni dei teti che, arruolati come rematori nella flotta e ritornati vittoriosi, chiedono un riconoscimento politico del contributo offerto contro il nemico esterno.

Nei rapporti con le altre città, Atene, ormai dotata di una flotta di prim’ordine, si propone come unica potenza in grado di resistere alla minaccia persiana (che continua nonostante la sconfitta subita), e si trasforma in potenza egemone, imponendo ai propri alleati tributi, alleanze forzose e governi a lei graditi.

Sotto il governo di Pericle Atene si dà leggi sempre più democratiche: estende la partecipazione al governo a tutti i cittadini grazie all’istituzione di uno stipendio per chi riveste cariche pubbliche; la città si arricchisce di monumenti grazie anche al tesoro della Lega di Delo, di cui si è appropriata con il pretesto di custodirlo.
La democrazia di Pericle ha elevati costi per lo stato, il che comporta una politica estera imperialista sia contro i Persiani che contro Sparta.
La politica estera di Pericle provoca lo scoppio della guerra del Peloponneso, in cui i Persiani fanno da ago della bilancia, sostenendo economicamente ora l’uno ora l’altro dei contendenti.
La vittoria di Sparta segna la fine dell’egemonia ateniese, ma altre potenze si affacciano sulla scena, prima fra tutte Tebe, che sconfigge Sparta, ormai indebolita, aprendo la strada al dominio macedone.

LA FORMAZIONE DELLA POLIS



LA FORMAZIONE DELLA POLIS
Tra l’XI e il IX secolo a.C., periodo che segna l’ingresso della Grecia nell’età del ferro, la fine dei regni micenei e la caduta dell’impero hittita in Anatolia producono una serie di conseguenze cruciali per lo sviluppo della storia successiva del mondo greco.

La scomparsa dei palazzi micenei e delle grandiose tombe monumentali è il segnale della fine delle antiche casate che gestivano il potere di loro palazzi.

Un diffuso spopolamento e una certa decadenza della produzione artigianale della ceramica e del bronzo testimoniano di un grave periodo di crisi, così come la scomparsa della scrittura.

La mancanza di documenti scritti relativi a questo periodo fa sì che esso sia ricordato con le definizioni di “secoli bui” o “medioevo ellenico”, che sottolineano in negativo i cambiamenti rispetto alla fase precedente della storia greca.

Tre grandi processi caratterizzano questo momento storico: il ritorno nel territorio greco di popolazioni di stirpe ellenica precedentemente scacciate, grazie alla cui migrazione si definiscono le tre aree di popolamento dell’antica Grecia; la diffusione, grazie alle attività commerciali gestite dai Fenici, di uno stile di vita ispirato al lusso e alla ricchezza dei sovrani orientali; la “prima colonizzazione” greca, cioè un moto di popolazioni che dalla Grecia continentale raggiungono le sponde dell’Anatolia e vi fondano nuove città.

Per capire il funzionamento della società greca arcaica, oltre alle testimonianze archeologiche, una fonte importante è costituita dai poemi omerici. Essi descrivono la struttura di una società di tipo aristocratico in cui accanto ai signori, la cui ricchezza è fondata sul possesso della terra, convivono braccianti e artigiani liberi.

Verso la fine del “medioevo ellenico” compaiono insediamenti caratterizzati da un’organizzazione politica totalmente differente da quelle finora incontrate. La nascita della città greca (polis) è un processo di lungo periodo, durante il quale l’idea di un possesso comune e di uno spazio centrale di discussione producono la nascita di un organismo statale che vive grazie al rapporto strettissimo che lega i suoi abitanti alla terra circostante.
La struttura stessa della polis testimonia la sua natura: accanto all’acropoli, in cui ha sede il tempio della divinità protettrice e che viene utilizzata come luogo di difesa dai pericoli esterni, convive l’agorà, la piazza centrale, in cui si realizza la coincidenza tra spazio civico e spazio religioso.

A partire dall’ VIII secolo, in conseguenza di lotte tra aristocratici per il possesso della terra, sotto la spinta dello spirito di avventura di molti cittadini e del diffondersi di conoscenze sul mondo mediterraneo, gruppi di persone decidono di fondare nuove città sulle sponde d molti paesi affacciati sul Mediterraneo, comprese l’Italia meridionale e la Sicilia.

Nella definizione dell’identità della polis ha un ruolo fondamentale la religione, che innerva tutti gii atti pubblici della città. A partire dall’ VIII secolo, inoltre, è attestata l’attività di legislatori a cui si deve la stesura delle prime leggi scritte, nate per vincolare i giudici, normalmente appartenenti all’aristocrazia, e per fissare le procedure e le pene.

La nascita di nuove forme di collaborazione all’interno della polis produce la cosiddetta “rivoluzione oplitica”, la nascita di una nuova tecnica di combattimento che presuppone la condivisione di un codice d’onore basato sull’aiuto reciproco. La partecipazione alla difesa comune comporta l’ascesa sociale e politica delle classi medie e il declino della cavalleria, specialità dei ceti aristocratici.

La diffusione delle leggi scritte e la rivoluzione oplitica sono segno della crisi dell’aristocrazia e dell’emergere di nuovi ceti. Questa situazione politica e sociale è il terreno ideale su cui si sviluppano le tirannidi, regimi di tipo personale che godono dell’appoggio popolare, a cui si deve un’imponente attività urbanistica e lo sviluppo dei culti religiosi.
In questo stesso periodo, le città fenicie si rendono indipendenti e danno vita a uno spettacolare sviluppo commerciale e culturale, pur senza raggiungere mai un’unità politica. A partire dall’XI secolo a.C. gran parte del commercio mediterraneo si svolge tramite navi fenicie. Insieme alle merci vengono diffuse idee e innovazioni, tra cui la scrittura fonetica.