1819
- Primo dei componimenti aventi il nome di idilli.
In
questo componimento sono assenti i temi del
dolore personale, gli spunti pessimistici e polemici. Massima riduzione
della rappresentazione della natura. Sono assenti considerazioni spiritualistiche o
materialistiche. L’anima di fronte all’infinito è attratta e insieme smarrita ;
“sempre caro”indica una consuetudine “dolce” un tono affettivo.
Il
componimento si riconduce alla teoria del piacere. L’esclusione alla vista di
un paesaggio reale dà luogo all’immaginazione
perciò si esige una vista limitata. Il lavoro dell’immaginazione è
rappresentato con novità e immediatezza. Non si sofferma su entità concrete ma
su aspetti che sembrano rifiutare ogni formalizzazione.
Il
movimento ritmico all’interno dell’endecasillabo è proprio delle canzoni della
maturità
“La
poesia si articola in due momenti, corrispondenti a due distinte sensazioni di
partenza. Nel primo momento (versi uno - otto) l’avvio è dato da una sensazione
visiva, o, per dir meglio, dall’impossibilità della visione: la siepe che
chiude lo sguardo, impedendo a esso di spingersi sino all’estremo orizzonte.
Impedimento della vista, che esclude il “reale”, fa subentrare il “fantastico”:
il pensiero si costruisce l’idea di un infinito spaziale, cioè di spazi senza
limiti, immersi in silenzi sovrumani e in una profondissima quiete. Nel secondo
momento (versi 8 -15) l’immaginazione prende l’avvio da una sensazione uditiva,
lo stormire del vento tra le piante. La voce del vento, un dato presente, effimero,
è paragonata ai silenzi prima immaginati, e richiama così alla mente l’idea di
un infinito temporale (l’eterno), a cui si associa successivamente il pensiero
delle epoche passate svanite, e dell’età presente, col suo carattere ugualmente
effimero, destinato anch’esso svanire. La lirica ha una sua durata temporale
interna, un suo andamento narrativo: le due sensazioni, e le due immaginazioni
da esse suscitate, sono in successione tra loro, anzi, scaturiscono l’una
dall’altra; questa successione narrativa non si riferisce però a un evento
unico, bensì a un’esperienza che si suppone ripetuta più volte nel tempo. Vi è
anche un passaggio psicologico: l’io lirico, dinanzi alle immagini interiori
dell’infinito spaziale, prova come un senso di sgomento; ma nel secondo momento
l’io si annega nell’immensità dell’infinito immaginato (spaziale e temporale),
sino a perdere la sua identità; e questa sensazione di naufragio dell’io è
piacevole, dolce. Se la coscienza rappresenta all’uomo il vero, cioè la sua
necessaria infelicità, lo spegnersi della coscienza individuale dà una
sensazione di piacere, garantisce una forma di felicità. Tra lo spaurarsi del cuore e la dolcezza del
naufragio non vi è però contrasto, come potrebbe apparire a prima vista: essi
infatti non sono che i due aspetti di quell’ “orrore dilettevole” che, secondo
il sensismo, è suscitato dall’immaginazione dell’infinito” Baldi Giusso Razzetti
Zaccaria Dal testo alla storia dalla storia al testo
nota
bene:
o
il componimento non può essere letto in chiave mistico religiosa;
l’infinito creato è del tutto soggettivo;
o
i due momenti corrispondenti alle due diverse esperienze (infinito
spaziale e infinito temporale) occupano ciascuno sette versi e mezzo; il verso
otto è diviso in due parti da una forte pausa al centro ;
o
il senso dell’esperienza unitaria, al di là dei due momenti in cui
si articola, è resa della continuità metrica e sintattica che percorre tutto il
componimento: nessun verso tranne il primo e l’ultimo, è isolabile sintatticamente,
perché il discorso continua sempre nel verso seguente.
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