Guerre macedoniche
Dopo le guerre puniche Roma volge le proprie mire espansionistiche
ad est. A Roma si crearono due partiti con opposte opinioni a proposito
dell'espansionismo: erano favorevoli i nuovi ceti imprenditoriali (populares) che miravano all’ampliamento
dei mercati. Scipione l'Africano, che apprezzava la cultura greca, mirava a
conquistare il mondo ellenistico in modo da creare con esso un contatto
diretto. L’aristocrazia era invece avversa alla cultura greca: la nobiltà
terriera, al di là dei motivi ideologici, era comunque contraria a ogni
avventura in Grecia e in Oriente e preferiva agire militarmente soltanto se si
fosse manifestata una minaccia concreta. Con il pretesto di portare aiuto a
Pergamo e Rodi, dichiara guerra al re macedone Filippo V, sconfiggendolo nel
197. Le città greche, riunite in una alleanza chiamata Lega Etolica, si
ribellano a Roma e invocano l’intervento di Antioco III re di Siria che,
sconfitto ripetutamente dai romani, è costretto alla pace. I Macedoni ritentano
l’attacco, ma vengono battuti. Nel 146 a. C. la Macedonia diviene formalmente
provincia romana; nello stesso anno i romani umiliano la Grecia, radendo al
suolo Corinto.
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