Regni romano-barbarici: i Franchi
Il più importante dei regni romano-barbarici è quello dei
Franchi, accolti fin dal IV secolo entro i confini dell’impero. Clodoveo, dopo
aver unificato tutta la Gallia, cerca di attuare mia politica di tolleranza e
integrazione con le popolazioni locali. Il sovrano, a differenza degli altri
capi germanici che sono di fede ariana, si converte al cristianesimo romano,
garantendosi così l’appoggio della Chiesa e dell’aristocrazia gallo-romana.
Alla morte di Clodoveo, l’aristocrazia approfitta delle discordie tra gli eredi
per esautorarli. Nel VII secolo il potere è ormai in mano al “maestri di
palazzo”, rappresentanti dell’aristocrazia, e il re mantiene un’ autorità solo
formale.
Alla
morte dell’ultimo dei merovingi, Pipino III detto il Breve, si fa eleggere re
dai grandi signori del regno e in seguito viene consacrato dal papa stesso. In
cambio egli promette aiuto al papa contro i nemici della
Chiesa.
Per assicurarsi la fedeltà dei capi Franchi i Pipinidi concedono in uso alcune
delle loro proprietà fondiarie ricevendo in cambio un giuramento di fedeltà.
Carlo Magno
Alla morte dei fratello Carlomanno, Carlo eredita uno stato forte e ben
organizzato. Contando sull’alleanza con il papato, aspira a estendere il suo
dominio, in Italia a spese dei Longobardi e nella penisola iberica a spese
degli Arabi.
In
Italia, sconfitti i Longobardi, affida il governo al figlio Pipino e mantiene
dapprima istituzioni e funzionari longobardi; successivamente, a seguito di una
rivolta dei duchi, li sostituisce con funzionari franchi.
La
guerra contro i Sassoni si protrae. per circa trent’anni e viene condotta con
durissimi mezzi repressivi. Alla fine del conflitto il regno franco si estende
fino al fiume Elba.
La
guerra contro gli Arabi vede fasi alterne, ma si conclude con la conquista
della Marca Hispanica, avamposto cristiano in terra musulmana.
La
ricostituzione dell’unità dell’occidente, unita al favore del papa verso il re
franco, accresce la diffidenza e l’ostilità dei Bizantini. Quando alcuni nobili
si ribellano all’autorità del pontefice, Carlo scende in Italia come suo
protettore e ripristina l’ordine. L’anno successivo (800) il papa incorona
Carlo “imperatore dei Romani”, legittimandolo quale erede dell’impero romano.
Conscio
dell’impossibilità di organizzare un apparato amministrativo come quello
romano, Carlo ricorre al vassallaggio, associa cioè all’esercizio dei potere i
suoi uomini più fedeli concedendo loro in cambio beni e terre. Questi
possedimenti fondiari non sono ceduti in proprietà, ma in gestione, e in essi i
vassalli debbono amministrare la giustizia, prelevare le imposte e reclutare
l’esercito.
L'impero
viene diviso in distretti, affidati a funzionari pubblici, i conti, scelti tra
i capi militari. Ai confini dell'impero alcune circoscrizioni molto
militarizzate, le marche, affidate a un marchese, servono a scopi difensivi. Il
controllo dell’amministrazione dei patrimonio e della giustizia viene affidato
ai missi
dominici, di nomina imperiale, sempre in viaggio tra le varie zone
dell’impero.
Durante
il regno di Carlo Magno la vita culturale viene organizzata e promossa, tanto
che si parla di un “rinascimento carolingio”. Tale rinascita ha penò un impatto
relativo sulla società e rimane un fenomeno
elitario, dato che spesso nemmeno i membri della nobiltà e del clero
sanno scrivere.
Confronto
tra Sacro Romano Impero e impero Romano L’impero carolingio è una
realtà ben diversa dall’antico impero romano: è un immenso dominio in cui sono
confluiti gruppi etnici di lingue, tradizioni, leggi e strutture sociali molto
diverse, nel quale l’elemento unificante è costituito dalla religione
cristiana. Il centro del potere è la corte imperiale, il Palazzo, ma non esiste
una vera e propria capitale.
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