domenica 18 novembre 2018

Naturalismo e Verismo


Naturalismo E Verismo

1) IL PERIODO
Sul piano letterario, subito dopo il 1848, Flaubert e Baudelaire anticipano, in Francia, le tendenze che pochi anni dopo s'impongono con il Naturalismo e con il Simbolismo, mentre in Italia le loro posizioni sono accolte e propagandate dal movimento della Scapigliatura, che si sviluppa a Milano dopo l'Unità.

2) Le ideologie, le trasformazioni dell’immaginario, i temi della letteratura e dell’arte: l’idea di progresso

o   Trionfa la modernità; Scienza tecnica e progresso
o   positivismo: ciò che è scientifico; la scienza po' indagare qualsiasi fenomeno, l’esistenza umana stessa può essere spiegata scientificamente
o    oggettività e determinismo psicologico, basi materialistiche
o    nascono nuove scienze sociali

Idea "progressista" della storia assai diversa da quella ciclica o da quella cristiana, che si basa su questi punti:
1) il nuovo e il giovane sono portatori di un valore positivo mentre ciò che è vecchio o appartiene a fasi diverse dello sviluppo umano appare "arretrato" e negativo;
2) il miglioramento materiale dipendente dalle scoperte scientifiche e tecnologiche coincide con quello intellettuale e spirituale;
3) tutto il mondo partecipa, anche se in modi diversi, a tale sviluppo: esso è sostanzialmente unitario e le parti più arretrate del pianeta dovranno necessariamente seguire l'esempio di quelle più avanzate;
 4) mentalità è "realistica" e materialistica, dal rispetto per i dati di fatto e per i rapporti di forza. (questo sistema di idee è portato avanti dalla nuova borghesia positivistica e imperialistica, ma trova parziale accettazione anche presso il nascente movimento operaio).
L'enfatizzazione degli aspetti puramente tecnici, meccanici e materiali del progresso provoca, però anche scontentezze e disagi, e non manca chi pone invece l'accento sulle contraddizioni del progresso. (Baudelaire, Nietzsche, Verga, Pirandello).
L'industrializzazione e lo sviluppo della tecnologia moderna sono salutati con entusiasmo, ma sono visti da qualcuno anche come una minaccia per il mondo umanistico e per un ceto intellettuale che spesso proveniva dalla campagna e dalla provincia.
3) La cultura filosofica: il Positivismo da Comte a Darwin e Spencer
Il Positivismo domina nella cultura europea fra il 1849 e il 1890 circa. Era stato fondato dal filosofo francese Auguste Comte. Secondo Comte, l'unica conoscenza possibile è quella che si realizza secondo il metodo scientifico, il quale non considera il problema delle cause ultime, ma si propone esclusivamente di analizzare il rapporto di causa-effetto nei fenomeni obiettivamente e sperimentalmente osservabili.
Si sviluppa in questi anni una cultura che presenta le seguenti caratteristiche:
1) un rigoroso materialismo, che riconduce la condizione umana a quella di ogni altro animale ed esclude qualsiasi soluzione di tipo metafisico e spiritualistico;
2) un sostanziale determinismo: l'uomo è determinato dagli istinti, dai bisogni materiali, dalla situazione storica cui vive;
3) una concezione del progresso fondata sull'evoluzionismo: le diverse specie si evolvono attraverso la «lotta per la vita» e la «selezione naturale», adattandosi, quale più, quale meno, all'ambiente e affermandosi o scomparendo in relazione a tale adattamento.
La teoria evoluzionistica assume la denominazione di "darwinismo" dal suo fondatore, lo scienziato naturalista inglese Charles Darwin.
Spencer: "darwinismo sociale" - servì ideologicamente a giustificare la repressione delle lotte sociali, la politica imperialistica e la lotta per la concorrenza capitalistica fra aziende e fra interi Stati. In essa inoltre l'idea di progresso si conciliava con una certa dose, da un lato, di cinismo e di accettazione delle leggi del più forte e, dall’altro, di rassegnazione e di "fatalismo", che ebbe una forte influenza su alcuni scrittori veristi e, in Italia, su Verga.

La lotta per la vita: l'individuo, le classi e la società
Precursori: Flaubert, Dostoevskij, Tolstoi

Lo sguardo con cui i naturalisti osservano e denunciano la lotta per la vita ignora del tutto una prospettiva religiosa: è espressa la volontà di esaminare tutto solo per mezzo della scienza.
Nei veristi italiani, e in particolare in Verga, la denuncia acquista un valore complesso. La lotta per la vita è vista come un fenomeno "fatale", ma, al tempo stesso, come un fenomeno indotto o acuito dalle contraddizioni del mondo contemporaneo.
Il messaggio di Verga, con la sua lucidità e il suo pessimismo, poteva riuscire perturbante nell'Italia umbertina.

3) Le poetiche. Flaubert e il Realismo: la “descrizione” occupa il posto della “narrazione”, l’“impersonalità” si sostituisce alla partecipazione

“È uno dei miei principi: non bisogna scriversi. L'artista deve essere nella sua opera come Dio nella creazione, invisibile e onnipotente da poter essere sentito ovunque, ma senza essere visto. [...] Flaubert
    «... il racconto è un documento umano... Io te lo ripeterò così come l'ho raccolto pei viottoli dei campi, press'a poco con le medesime parole semplici e pittoresche della narrazione popolare... senza stare a cercarlo fra le linee del libro, attraverso la lente dello scrittore... La mano dell'artista rimarrà assolutamente invisibile e l'opera d'arte sembrerà essersi fatta da sé.» Verga, lettera a Salvatore Farina

Realismo Si afferma in Francia, e poi negli altri paesi d'Europa, dopo i fatti del 1848-49, e si caratterizza per la tendenza antiromantica. Mentre il Romanticismo, anche nel romanzo realista di Balzac o di Manzoni, aveva dato ampio rilievo alla soggettività, agli ideali dell'autore, che interveniva con i suoi commenti all'interno della narrazione, ora si tende a una rappresentazione oggettiva, che esclude il commento esplicito dell'autore e la manifestazione dei suoi sentimenti. Inoltre si respinge l'idealizzazione della realtà e si punta alla sua descrizione scientifica.

Mentre il realismo romantico tende alla partecipazione, il Realismo mira all'osservazione distaccata. La differenza fra realismo romantico e Realismo come movimento comporta una differenza fra due modi di rappresentare, il primo preferisce la "narrazione", il secondo la "descrizione".
Nel 1865 con Germinie Lacerteux di Edmond e Jules de Goncourt nasceva il Naturalismo, in cui le posizioni espresse dal movimento del Realismo diventano una proposta autonoma e organica.
4) Il Naturalismo francese e il Verismo italiano: poetiche e contenuti
La parola "Naturalismo" compare per la prima volta in un saggio del 1858 del critico positivista Hippolyte Taine su Balzac, indicato come maestro della narrativa moderna. D'altra parte Taine stesso darà, nel 1865, un contributo alla teoria del romanzo e allo studio dei temperamenti umani mostrando che gli individui sono sempre "determinati" da tre fattori: le leggi della razza e dell'eredità, l'ambiente sociale, il momento storico.

Il Naturalismo come movimento letterario nasce fra il 1865 e il 1870. Ai suoi inizi si colloca il romanzo dei fratelli Jules e Edmond de Goncourt, Germinie Lacerteux, uscito nel 1865. Nella prefazione gli autori contrappongono ai romanzi «falsi» dei romantici questo «romanzo vero», costruito con scrupolo scientifico volto a ricostruire un vero "caso clinico", e cioè la psicologia distorta (ai confini di una nevrosi isterica) di una serva che conduce una doppia vita, (nesso fra scienza medica e arte letteraria). Inoltre si afferma con forza: 1) anche il "quarto stato" ha diritto di divenire protagonista della narrativa moderna; 2) il primato del romanzo fra i generi letterari. Si tratta di punti che tra poco saranno centrali nel programma del Naturalismo.

Tutti questi aspetti attirano l’attenzione di Zola, in una recensione che egli dedica al romanzo. E quando nel 1867 pubblica Therèse Raquin, si dichiara, per la prima volta, “scrittore naturalista”. fra il 1868 e il 1870 il ciclo dei Rougon-Macquart, con una prefazione che ha il valore storico di manifesto del Naturalismo. In essa infatti Zola vuole dimostrare come le leggi dell'ereditarietà condizionino tutti i componenti di una famiglia: così la “storia naturale e sociale di una famiglia” diventerà storia della Francia negli anni del Secondo Impero.
Zola pubblica in volume i suoi saggi e i suoi interventi teorici con il titolo programmatico Le roman expérimental (Il romanzo sperimentale).
I punti fondamentali del libro sono i seguenti: 1) rifiuto della letteratura romantica, perché idealisticamente basata sulla fantasia e sul sentimento invece che rigorosa della realtà oggettiva; 2) affermazione del metodo dell'impersonalità, che esclude l'intervento soggettivo dell'autore nella narrazione; 3) rifiuto dei canoni tradizionali del bello: anche se volgare, brutto e ributtante, il vero è sempre bello e morale; 4) impostazione scientifica della narrazione che deve essere basata sia sull'osservazione sia sulla sperimentazione; 5) primato del romanzo, che, unico fra i generi letterari, può seguire rigorosamente un metodo scientifico e dunque collaborare a creare la moderna sociologia. Insomma, lo scrittore deve diventare uno scienziato sociale, in corrispondenza con l'ideologia diffusa dal positivismo.
 Il Naturalismo pone l'accento sul metodo della rappresentazione e sui contenuti più che sulla forma. Per quanto riguarda i contenuti, i naturalisti devono rappresentare tutti i gradini della scala sociale, muovendo dai più bassi per risalire ai più elevati e seguendo così il metodo stesso della scienza che procede dal semplice al complesso. Per quanto riguarda il linguaggio, è molto presente il parlato e non manca neppure, particolarmente ne L`ammazzatoio di Zola, il ricorso al gergo popolare della plebe parigina. Il realismo dei contenuti diventa dunque anche realismo linguistico.

In Italia l'influenza del Naturalismo comincia a farsi sentire negli anni Settanta, ma solo dopo l'uscita dell'Assommoir [L’ammazzatoio] alcuni romanzieri e critici italiani (fra cui, oltre a Capuana, Verga) cominciano a progettare la nascita anche nel nostro paese del «romanzo moderno» ispirato agli stessi principi del Naturalismo francese. Questo gruppo di scrittori si riunisce a Milano fra la fine del 1877 e la primavera del 1878 e realizza al movimento del Verismo, corrispondente al Naturalismo francese.

L’EPOCA DEL NATURALISMO, VERISMO E DECADENTISMO aspetto storico (sintetico)

L’EPOCA DEL NATURALISMO, VERISMO E DECADENTISMO
aspetto storico

Europa:
Il periodo considerato vede il passaggio in Europa da una borghesia liberista a una imperialista.

1849-1873 notevole sviluppo economico promosso da una borghesia liberista.
1873-1895: questa classe entra in crisi durante la Grande depressione e vuole uscirne per mezzo dell’antiliberalismo e imperialismo (imperialismo economico e militare, dal quale prende avvio la seconda rivoluzione industriale), le concentrazioni industriali monopolistiche.
Italia
L’Italia partecipa allo sviluppo dell'economia europea da posizioni ancora assai arretrate.
o    Milano (300.000 abitanti) è ormai considerata la capitale economica d'Italia.
o    “questione meridionale".

1870-1900:
  • accordo tra industriali del Nord e proprietari terrieri del sud
  • grandi concentrazioni industriali, soprattutto in Europa
  • destra (liberali conservatori e moderati) al governo: problemi di bilancio, povertà nel meridione, territori rimasti agli austriaci, attriti con il Vaticano, unità nazionale non completa, alla quale si cerca di ovviare con l’accentramento statale
  • cade il governo della destra: sinistra al potere, trasformismo
(la sinistra estrema è rappresentata dai repubblicani; la parte più moderata accetta invece la monarchia, è dunque un gruppo politico che si occupa soprattutto di arrivare all’unità d’Italia e di avere Roma come capitale: intendono raggiungere questi obiettivi diplomaticamente).

L’epoca della modernità:
nuove invenzioni, mondializzazione dei fenomeni, tempi passati e luoghi lontani sono sentiti vicini. L’idea del progresso si diffonde e diventa patrimonio anche della gente comune.
Rovesciamento degli ideali dell’Ottocento (nazionalismo, individualismo, liberismo selvaggio, razzismo)
> VUOTO, MANCANZA DI VALORI: desolazione, crisi degli intellettuali, crisi della società.

mercoledì 10 ottobre 2018

Leopardi - A sé stesso - analisi del testo


 Leopardi - A sé stesso - analisi del testo

Fu composto probabilmente nel 1835 e pubblicato nell'edizione dei Canti dello stesso anno. L’occasione esterna fu probabilmente  la delusione a cui andò incontro l'amore per Fanny Targioni Tozzetti, la scoperta della vera realtà della donna amata, che negava l'immagine che il poeta se ne era fatta, disinganno che fu analizzato in Aspasia.

Metro endecasillabi e settenari con rime liberamente ricorrenti

Il componimento conclude il ciclo di Aspasia. Si afferma la scomparsa dell'inganno estremo, l'amore, che era stato cantato nel suo momento culminante, nel Pensiero dominante (componimento nel quale il poeta aveva esaltato la passione) e in Amore e morte. La poesia segna perciò il distacco definitivo dalla fase giovanile dell'illusione, ancora recuperata attraverso la memoria nei Canti pisano - recanatesi del 28-30.  è spento perfino il desiderio dei “cari inganni”. La negazione dell'illusione è ferma e perentoria; di fronte al vero tuttavia non c'è più un atteggiamento contemplativo: come è proprio di questa fase, compare un atteggiamento agonistico ed eroico, che si esprime nel disprezzo sia verso quel se stesso che ha ceduto ancora ai “cari inganni”, sia verso la natura e la forza malefica del fato, che ignoto e nascosto domina l’universo avendo come fine il male. Anche la percezione dell’infinita vanità del tutto, che in precedenza generava la noia, ora suscita un atteggiamento combattivo di superiorità sprezzante.

La tensione eroica, come è tipico dell'ultimo Leopardi, diventa tensione stilistica. La poesia ha una struttura metrica molto rigorosa. Si possono distinguere tre parti di 5 versi ciascuna, con lo stesso schema metrico: un settenario di apertura, due endecasillabi, ancora un settenario, endecasillabo di chiusura. Il verso finale è fuori dallo schema come nota in sé conclusa e autonoma, e ciò dà singolare potenza alla perentorietà della formula. Ognuna delle tre Parti è aperta dalla ripetizione dello stesso motivo, l’invito a fermarsi, abbandonando ogni speranza, con gli imperativi ripetuti in modo martellante, quasi ossessivo.
Questa struttura architettonicamente rigorosa in realtà contiene forti tensioni. Colpisce Innanzitutto l'andamento spezzato del discorso poetico: si succedono una serie di proposizioni brevissime, a volte composte da una parola sola, (es.: perì) in gran parte autonome, senza legami sintattici né di subordinazione né di coordinazione. Di conseguenza i versi sono rotti da continue pause (11 molto forti, segnate dal punto fermo, di cui 9 all'interno del verso. La spezzatura del discorso è data anche dai numerosi enjambement, anch'essi molto forti.
Il lessico è spoglio e essenziale, con rari aggettivi; due spiccano  per l’allitterazione e l’assonanza: estremo/eterno in opposizione per il significato; altri due, brutto/ascoso  caratterizzano il malvagio potere che domina il mondo e sono messi in rilievo rispettivamente dalla rima brutto/tutto e dalle pause collocate prima e dopo; l'ultimo, infinito con la sua lunghezza evidenzia la vanità del tutto. L’essenzialità è data dal fatto che il discorso, per la rarità degli aggettivi, è costituito essenzialmente da verbi e sostantivi, con netta prevalenza dei secondi. Tutti i nomi sono concettualmente densi e ricchi di espressività: si nota l’enorme differenza dai canti pisano-recanatesi. La critica crociana ha privilegiato i cosiddetti “idilli” perché solo in essi ci sarebbe la poesia, svalutando questa parte dell'opera leopardiana.
In realtà, se si esaminano i testi senza pregiudizi nelle loro componenti tematiche e stilistiche, emerge come si tratti non di inaridimento dell'ispirazione, ma di una poesia totalmente nuova, diversa da quella delle fasi precedenti, ma non inferiore.

domenica 30 settembre 2018

Canto notturno di un pastore errante dell'Asia - Leopardi



Canto notturno di un pastore errante dell'Asia

Composto tra l'ottobre del 1829 e l’aprile del 1830, fu pubblicato per la prima volta  nell'edizione dei Canti del 1831 (pur essendo l'ultimo dei canti recanatesi del 29-30 per cronologia di composizione, in quella edizione e nella successiva napoletana del 35, fu collocato prima della Quiete e del Sabato).
L’idea del canto fu suggerita a L.  da un articolo del Journal des savants (1826), da cui viene a sapere che i Pastori dell'Asia centrale trascorrevano le notti seduti su una pietra guardando la luna e improvvisando parole tristissime con musiche altrettanto tristi.

 Metro: strofe libere di endecasillabi e settenari

Il poeta qui non parla in prima persona: il canto è messo in bocca a un uomo  primitivo, semplice e ingenuo. Nella prima fase del suo pensiero (pessimismo storico) Leopardi riteneva i primitivi più vicini alla natura, inconsapevoli dell’ “acerbo vero”, fanciulleschi e fantasiosi, quindi più felici dell'uomo moderno. Qui invece il pastore è filosofo come gli uomini civilizzati e sente fortemente la propria infelicità e quella universale: è l'indizio più chiaro del passaggio al pessimismo cosmico, che concepisce l’infelicità come propria dell'uomo di tutti i tempi, luoghi e condizioni.
 Il canto si distingue nettamente dagli altri grandi idilli (cosiddetti) perché non si fonda sulla memoria, sul desiderio del “caro immaginar” e sull'espressione dei sentimenti; è invece una lucida e  ferma riflessione che, partendo da interrogativi elementari,  coinvolge grandi problemi metafisici: è quindi poesia completamente filosofica, fondata sul vero. Il linguaggio perciò anche se presenta  essenzialità e purezza proprie di questo periodo della poesia leopardiana, non ha  il tono affettuoso che nasce dall'illusione.
 Anche il paesaggio è diverso:  non è quello idillico e familiare dell'immaginazione giovanile, recuperato dalla memoria, ma è un paesaggio astratto. continua la funzione tipicamente leopardiana dello spazio sconfinato e del tempo infinito; non è però un infinito creato dall'immaginazione: è invece contemplato dalla ragione; nella contemplazione non c’è dunque riscatto, naufragare della coscienza:  la coscienza resta vigile, è sempre presente e rimane in essa la percezione della sofferenza e della mancanza di senso dell'universo. Per queste caratteristiche il Canto notturno, chiudendo la stagione dei “grandi idilli”, fa già presentire la stagione successiva della poesia leopardiana, quella del Ciclo di Aspasia, una poesia nuda e severa, di puro pensiero.

Silenziosa: l'attributo sembra esprimere la consapevolezza del pastore che il suo interrogare resterà senza risposte.
L’umanizzazione della luna si può rilevare in più di una scelta lessicale,  richiamando anche il ruolo di divinità attribuito alla luna dalla mitologia classica.